il Blog di EDA - percorsi tematici |
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Articoli | ||||||||
IL VITTIMISMO
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Il vittimismo è quel
atteggiamento che ha la funzione di
deresponsabilizzare attraverso due schemi di
fondo:primo, l'insoddisfazione, la frustrazione ed
anche lo sconforto per il fatto che le cose non
vanno come si vorrebbe viene scaricata all'esterno,
su persone o situazioni su cui non si ha o si
afferma di non avere, il controllo.
Secondo, la possibilità di cambiare questa situazione diviene "impossibile" perché appunto le forze esterne (persone e situazioni) rendono impraticabile qualsiasi via d'uscita...... Sotto il profilo di EDA i comandi che alimentano questo stato d'animo sono di questo tipo: - "lui/lei non cambieranno mai" - "la colpa è sua" - "la colpa non è mia" - "non ci posso fare niente" - "non posso uscire da questa situazione" - "il mio è un caso diverso" - "sono sempre stato sfortunato/a" - " è colpa della mia educazione" - "tutta colpa di mia madre/padre" - "mi hanno sempre odiato" - "ormai è troppo tardi per cambiare" Come si nota sono tutte frasi in cui si crede, e in cui è costante un senso di impossibilità al cambiamento. Il vantaggio secondario, come si dice in psicologia, è quello di arrendersi senza sentirsi responsabili...è in effetti un meccanismo di difesa e di autoprotezione di fronte a situazioni che non si riescono a gestire. C’è da sottolineare che non si tratta di esprimere un giudizio su questi comportamenti che comunque non servirebbe a nulla, ma si tratta di metter in evidenza un MODO di comportarsi che tutti in misura differente abbiamo.. E’ una fotografia del comportamento della mente. Ci sono situazioni che possono essere oggettivamente di difficile soluzione, come ce ne sono altre in cui tali atteggiamenti sono solo scuse per non impegnarsi. Come uscirne? La PRIMA cosa è rendersi conto di questi meccanismi. Capire che si sta cercando di difendere una posizione al proprio interno psicologico. Ma la seconda, ancora più importante è riuscire a riconoscere COSA la mente dice per mantenerci nello stato in cui ci troviamo, e fatto questo DISSOCIARSENE. Il principale problema che le persone incontrano è SMETTERE di credere ai propri pensieri. Quello che dico praticamente sempre nelle sedute di coaching, quando il mio coachee “scopre” di avere certe forme pensiero che prima non riusciva a vedere, è:ma tu sei padrone di questi pensieri? Si o No? Ed invariabilmente la risposta è no. E allora gli dico: ma se i pensieri sono tuoi, puoi scegliere di tenerli o cambiarli? E la risposta è sempre sì. Ed infatti ciò che noi pensiamo,se lo pensiamo noi, una volta che scopriamo che quel pensiero non ci piace più, possiamo abbandonarlo no? Ma se non ci riusciamo, se i nostri pensieri a noi non graditi non se ne vanno, come possiamo dire che siano nostri? Non lo sono. Sono parassiti che vivono dentro di noi ma NON sono noi. Questa è dissociazione. Smettere di credere che ciò che sia pensa sia vero. Quando si comprende che ci sono cose che la mente fa per conto suo e si comincia a diffidarne, inizia il cambiamento. |
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CAMBIARE VITA E' CAMBIARE MENTE |
La vita di ognuno è
fatta di problemi. Ci sono situazioni che hanno
problemi grossi, ed altre che hanno problemi
piccoli. Essere malati, soprattutto se gravemente, è
un problema grosso. Non riuscire a fare carriera
come si vorrebbe è un problema piccolo. Non è tutto
uguale,lo sappiamo. Ma c’è una cosa che non teniamo quasi mai in considerazione. Che la valutazione sulla realtà la decidiamo noi, non la realtà. E infatti accade che persone che hanno problemi “grossi” spesso riescono a vivere meglio e più felicemente di chi ha problemi “piccoli”.
Ci sono
situazioni che semplicemente non si possono
cambiare. Sono le situazioni che per ragioni di
forza maggiore dobbiamo tenerci come sono.
Certo, spesso,molto spesso, certe situazioni che
appaiono “immodificabili” richiederebbero solo
un po’ di coraggio in più per esser cambiate, ma
molte altre volte proprio non si può farci
nulla. Come quando si è invalidi, oppure si
hanno situazioni che non sembrano davvero
modificabili: lavori persi in età avanzata,
figli invalidi, genitori gravemente malati e
così via.
E’ vero, ma è altrettanto vero che come reagiamo alle situazioni è scelta nostra. Un evento possiamo rifiutarlo e soffrire per il suo verificarsi o il suo persistere, oppure possiamo accettarlo nel proprio intimo e smettere di soffrirne. La differenza tra chi riesce ad essere motivato e produttivo, felice ed ottimista, e chi invece viene annientato dagli eventi avversi, è che di fronte ai rovesci della vita o, per meglio dire, a quello che la persona considera rovesci, la persona motivata, “accetta” l’evento e mantiene l’energia per andare avanti, comunque. Succede anche in una cosa non certo drammatica come ad esempio lo sport. La squadra vincente, l’atleta vincente,non è quella/o che vince sempre, ma quella/onon si fa abbattere dalla sconfitta,anzi dalla sconfitta trae insegnamento per migliorarsi. E lo sport è un paradigma perfetto delle vita. Questo concetto è ribadito da tutti i saggi della Storia, nessuno escluso. Ci sarà una ragione? Ma cosa significa accettare? Non significa “rassegnarsi”, perché il rassegnarsi include una caduta dell’umore, della motivazione, della speranza, dell’energia. Accettare qui significa: “va bene così, va bene anche così”, ed ovviamente........crederci. Questo significa cambiare la mente: cambiare il modo in cui si reagisce agli eventi. Se si impara a dire sì agli eventi avversi, nulla potrà più abbatterci. Nulla. Se sapessimo dire sì agli eventi favorevoli e sì agli eventi avversi, la felicità, la leggerezza d’animo, diventa raggiungibile, possibile. Sono i no che diciamo alla vita che ci uccidono dentro |
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CONVINZIONI E PAURA |
Sono le convinzioni che
consciamente od inconsciamente teniamo e coltiviamo
dentro di noi che ci guidano e ci controllano.
Paure, ansie, rabbie e depressioni sono dovute a
convinzioni radicate che si hanno su certe cose che
secondo noi NON
vanno come vorremmo. Perdite di persone care, di
lavoro, di salute, delusioni affettive, conflitti
con persone vicine, tutte queste cose sono
convinzioni radicate che abbiamo su come
“dovrebbero”andare le cose e che invece vanno nel
modo che non gradiamo. Se ci si fa un attimo attenzione si scopre che la paura è l’altra faccia di una convinzione radicatissima. Se abbiamo paura di un luogo aperto,è perché ci sentiamo esposti ad un pericolo,siamo cioè molto convinti che là fuori ci sia qualcosa di molto pericoloso, anzi di più, mortale. Potremmo non pensarlo razionalmente e consciamente ma non di meno lo pensiamo inconsciamente e in modo molto forte. Allo stesso modo se abbiamo una perdita, qualcuno a noi molto vicino, importante, potremmo entrare in depressione e rimanervici a tempo indefinito. Perché? Perché una parte della nostra mente è convinta che le cose non sono più come prima e cosa ancora più importante, non sono più accettabili. Si pensa che la vita da quel momento in poi, non potrà più essere piacevole,interessante,degna di essere vissuta. E sono convinzioni così forti da essere apparentemente impossibile sradicarle. Tutte le convinzioni, le idee,i pensieri che sono registrati nella mente come strutture invalidanti, creano e mantengono sofferenza. | |||||||
FELICITA' QUANDO?
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Prendi la decisione di
essere felice, non importa se sei ricco o povero,
sano o malato, felicemente sposato o infelicemente
sposato, giovane o vecchio, con il sorriso o con le
lacrime. Non aspettare di cambiare te stesso, la tua
famiglia o il tuo
ambiente prima di poter trovare la felicità dentro
di te. Decidi di essere felice nel tuo intimo, in
questo momento, qualsiasi cosa tu faccia, ovunque tu
sia. P.Yogananda. COMMENTO Cosa è la felicità? Avere salute, amore lavoro, successo e soldi. Mettiamoli tutti così, per non sbagliare. Giusto? Ho indovinato? Per alcuni è vera una o due di queste cose, per altri tutte quante. Ecco, occorre avere queste cose per esser felici. Il predicatore direbbe che “questo è il mercimonio del demoniooooo! Solo la fede nel Signore da’ la felicità!” Il saggio direbbe “ fino a quando desideri tutte queste cose sei loro potere!” e non avrebbe torto. Ma vediamola un po’ diversamente, psicologicamente. Cosa fa sì che avere queste cose dia la felicità, ammesso che sia vero? E’ avere queste cose? Parrebbe di sì, ma se si parla della salute, per esempio, c’è sempre il timore di perderla….e già questo ci da’ un po’ di ansia….Se si parla dell’amore….lo stesso…siamo sempre in ansia per paura di perderlo…Se si tratta del lavoro….occorre stare molto attenti a non perderlo, non arretrare, non rischiare il licenziamento….insomma è una lotta continua….E i soldi? Più se ne hanno e più si ha paura di perderli… A vedere la cosa più da vicino, anche avere tutto quanto non sembra garantire la felicità, ma più che altro sembra favorire l’ansia di perdere ciò che si ha. Però non facciamo troppo il puffo saggio….avere soldi, salute e successo è meglio di essere poveri, malati e senza nessuno che ci ammiri. Ma questo ha a che fare con la comodità della vita…ma è felicità? Cosa è la felicità? La felicità essere molto contenti. E’ una definizione approssimata, ma abbastanza sensata. Ma essere molto contenti perché si ha ad esempio la salute è proprio vero? O è vero che si è più che altro sollevati dall’idea di non essere ammalati? Ed essere benestanti non è forse fonte di contentezza perché non si è poveri? Ed esser di “successo” non è forse fonte di contentezza per non essere “messi da parte”? E allora cosa è che da’ la felicità, l’avere le cose o l’evitare la situazione opposta? Se ci ammalassimo pur avendo soldi e lavoro e successo….la nostra felicità scomparirebbe, vero? Perché? Perché in buona sostanza la cosiddetta felicità è più un’assenza che una presenza. Salute, soldi successo, sono considerate fonti di felicità perché permettono di non rimanere in ansia, di non preoccuparsi. Ciò significa che in altri termini, avere la mente in ansia, è l’opposto della felicità. La felicità è di fatto uno stato di quiete, una pace della mente. Uno smettere di “preoccuparsi”. Ma questo stadio della mente, questo “rilassamento” della mente è possibile averlo anche in mancanza di tutte quelle cose che la gente ritiene necessaria per esser felice. Si può essere calmi e rilassati anche se non si è ricchi e di successo. Anche se non si è in salute, anche se non c’è una persona specifica a fianco che ci ami. Possiamo decidere che possiamo essere contenti anche se certe cose non ci sono. Siamo noi che decidiamo che SENZA queste cose NON possiamo essere contenti. Allo stesso modo possiamo decidere di essere contenti anche se non ci sono. Essere contenti ORA. | |||||||
IMPOSSIBILITA'
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“Chi dice che è impossibile, non dovrebbe disturbare
chi ce la sta facendo”.
(Albert Einstein) COMMENTO
Considerazioni
apparentemente sensate ma di fatto invalidanti
come " è troppo difficile" "è impossibile" " non
è possibile", a
prescindere dalla realtà della considerazione,
limitano drasticamente le capacità della persona
che le pensa e che senza accorgersene, comincerà
a selezionare le alternative in base all'assunto
dell'impossibilità. Viceversa non porsi a priori
limiti, apre la mente a considerare nuove vie e
nuove soluzioni....Se si vuole arrivare al "mai
pensato" occorre pensare cose mai pensate prima.
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LA TEMUTA “OPINIONE ALTRUI” |
Sapete quale è una delle cose che principalmente ci causa sofferenza, irritazione, aggressività, senso di inadeguatezza e che in definitiva riduce di molto la nostra capacità e la nostra sicurezza? La tanto temuta opinione altrui. Guai se non dovessimo incontrare il favore degli altri. Guai se gli altri non ci dovessero approvare. In poche parole l’opinione altrui è più importante della nostra. Eh sì perché è questo che di fatto facciamo sempre quando ci preoccupiamo troppo delle opinioni altrui. Consideriamo l’opinione degli altri come più importante della nostra. Ma da che cosa può originarsi questo tipo di comportamento? Molto, se non del tutto può essersi originato nel periodo infantile, ad esempio attraverso modalità comportamentali delle figure genitoriali che sono fonte di potere, e/o figure assimilabili, come maestri, insegnanti, allenatori e professori; sono ad esempio le miriadi di raccomandazioni da parte dei genitori sul comportarsi bene ed essere accettati e ammirati dagli altri ecc...ecc. Per un bambino avere la loro approvazione è molto importante, anche se questo non ha più senso una volta adulti. Già, gli “altri” ... ma gli “altri” sono un’entità alquanto indefinita che peraltro comprende persone diverse con idee magari opposte. Per quanto ci si possa sforzare è ovvio che è impossibile piacere a tutti, come potremmo? Si dovrebbe essere tutto e il contrario di tutto ed infine, cosa succederebbe? Per piacere agli altri si finirebbe per non piacere a se stessi, che in definitiva è la persona con cui siamo più a contatto. Nel nostro coaching quando abbiamo a che fare con questa “presenza” ingombrante, che è la paura del giudizio degli altri, cerchiamo di individuare i relativi NED che, come abbiamo già detto, hanno quasi sempre radice nell’infanzia e nelle raccomandazioni e nelle minacce dei genitori, relative al “buono e corretto comportamento”, e li trattiamo. Il senso di liberazione che ne risulta è sostanziale e può addirittura essere in grado di cambiare un’intera prospettiva esistenziale. | |||||||
LA PRETESA DELLA PERFEZIONE |
La
maggior parte di noi pensa che nella vita occorra
migliorarsi e pensa anche che per migliorare non si
debba essere troppo indulgenti con se stessi, né per
questioni che attengono al proprio privato, né tanto
meno per il lavoro. Insomma si pensa che se si ha un
po’ di carattere occorra mantenere un certo livello
di comportamento, un certo status… Se poi avviene che facciamo qualche errore, e magari a ben vedere non è stato nemmeno poi così grande, cominciamo a rimuginare e ad esser scontenti di ciò che abbiamo fatto e per estensione, ad esser scontenti di noi stessi…. Ma qual è il meccanismo che ci porta a ciò? La più assurda delle pretese: l’essere perfetti. E sì, è proprio questo che facciamo quando ci incolpiamo per errori che abbiamo fatto: stiamo “giudicando” noi stessi per l’errore fatto. E cosa altro è questo modo di ragionare se non la convinzione/pretesa di esser perfetti? Questo modo di “pensare” non è certo molto produttivo, anzi è un vivere decisamente di basso livello e continuare a fustigarsi per il passato non ci aiuta di certo ad essere migliori o a lavorare al meglio, anzi ci toglie energia e concentrazione. Come fare allora per uscirne? Perdonandosi ovviamente, ma per farlo occorre giungere ad una verità scomoda per l’ego: non siamo perfetti, non siamo infallibili. Non siamo quello che pensavamo di essere. Già però se ci mettiamo a ragionare così la nostra autostima crolla no? E perché dobbiamo per forza avere “autostima”? Per continuare a pensare di essere perfetti? La “stima” lo dice la parola stessa, si basa su una valutazione, su un giudizio che viene formulato in base a criteri, a criteri che possono cambiare a seconda delle situazioni, e noi non saremo mai in grado di essere all’altezza di tutte le situazioni e quindi mai ne usciremo. Diverso è se invece ci si ama a prescindere. Se ci si ama, lo si fa anche se non si è perfetti, anche se si sbaglia, e perdonarsi significa amarsi, ma anche e soprattutto ammettere i propri limiti. Se si fa questo la pace, l’equilibrio, la concentrazione, la voglia di fare, l’entusiasmo ritornano, e allora sì che possiamo migliorare. | |||||||
LA CAUSA DELLA FRUSTRAZIONE E DELLA PAURA |
"La causa della frustrazione e della paura" (Jiddu Krishnamurti) "Sia che si cerchi di sopravvivere in quanto individuo o nazione; sia che si vada da un maestro, un guru, un salvatore; sia che si segua una particolare disciplina, o si cerchi qualche altro mezzo per migliorarsi, ognuno di noi non sta forse cercando, nel suo modo più o meno limitato, una qualche forma di soddisfazione, continuità, permanenza? Allora chiediamoci non cosa cerchiamo, ma perché cerchiamo. E domandiamoci se sia possibile per tutte le ricerche arrivare a una fine, non attraverso la costrizione o la frustrazione, o perché abbiamo trovato, ma perché l'esigenza di cercare si è completamente esaurita. [...] Siccome siamo scontenti e insoddisfatti, ricerchiamo la contentezza, la soddisfazione: fino a che ci sarà questa urgenza di soddisfazione e gratificazione, allora saranno sempre presenti la ricerca e la lotta. L'urgenza di essere appagati è accompagnata sempre dall'ombra della paura, non siete d'accordo? [...] Il desiderio di realizzare è la causa della frustrazione e della paura, e arriverà a una fine solo quando vedremo chiaramente il significato di appagamento. Divenire ed essere sono due stati enormemente differenti, e non possiamo passare dall'uno all'altro; ma con la fine del divenire, allora l'essere sarà" (da Il silenzio della mente, pp. 168-169). http://www.lameditazionecomevia.it/causapaura.htm COMMENTO Bellissimo brano di Krishnamurti. La ricerca di soddisfazione è appunto…….una ricerca. Dice Krishnamurti “Il desiderio di realizzare è la causa della frustrazione e della paura” e poi ancora più illuminante “Divenire ed essere sono due stati enormemente differenti, e non possiamo passare dall'uno all'altro; ma con la fine del divenire, allora l'essere sarà". Quello che ci vuole dire che la “tensione” è sofferenza. Solo quando si è “non tesi” cioè, si direbbe in EDA non soggetti a NED, allora l’Essere sarà. Sembrano concetti molto spirituali ma sono in realtà semplicissimi…Quando fai pensi o lavori, dovresti stare solo su quello che fai , che pensi, o sul lavoro che stai facendo.. Ma se quando fai, pensi: “ lo sto facendo bene?” “riuscirò a farlo?” “sono troppo lento a farlo” ecc, allora resterai in tensione. Se d’altro canto pensi “sarò felice quando l’avrò fatto” “ avrò stima di me quando l’avrò fatto” allora sei nella mani di quello che stai facendo…stai consegnando la tua “essenza” al risultato di ciò che fai…. Tutti questi pensieri non essenziali all’attività sono ciò che causano sofferenza e sono sempre espressione di un bisogno….Ovviamente, meno “bisogni” hai, e più libero sei. |